DOPO ERG, ANCHE TOTAL: LA FUGA DALLA RETE

DOPO ERG, ANCHE TOTAL: LA FUGA DALLA RETE

Non solo ERG, di cui si è già parlato [si veda Figisc Anisa News N. 20 del 07.09.2016]. «Anche TOTAL conferma di voler uscire dalla joint venture TOTALERG formata nel 2010 dalle due società» scriveva alcuni giorni fa STAFFETTA «Lo ha dichiarato il Ceo della compagnia francese Patrick Pouyanne durante un incontro con gli investitori a Londra. Pouyanne ha spiegato che Total sta disinvestendo, monetizzando o riposizionandosi in tutte le aree in cui ha una quota di mercato troppo bassa e così ha fatto in Gran Bretagna e Svizzera nel 2015…. “Il prossimo anno lo faremo in Italia con Erg“, ha detto. “Ci concentreremo in Europa nelle aree in cui abbiamo quote di mercato alte“… L’intenzione di Erg era chiara da tempo. Ora anche Total ha scoperto le carte. Resta da verificare se i due soci troveranno un acquirente per l’intera società o se, più probabilmente, si procederà allo spezzatino».

«Che anche Total lasci l’Italia è un fatto che non può passare sotto silenzio» aggiungeva ieri sempre STAFFETTA: «Si tratta infatti di uno dei marchi petroliferi mondiali più prestigiosi e del più importante della Francia, paese confinante con l’Italia con importanti valichi stradali e autostradali che vanno da Ventimiglia al traforo del Monte Bianco, attraversati ogni giorno da importanti flussi turistici… Un grave sgarbo all’industria petrolifera italiana del tutto immeritato, e insieme, se vogliamo, un segnale di sfiducia nel momento politicamente meno opportuno che arriva da Parigi sulle prospettive della nostra economia».

La motivazione dell’abbandono sarebbe la frammentazione del mercato nazionale con i player disposti a continuare il gioco solo detenendo quote di mercato rilevanti. Viene da chiedersi quale sia a questo punto la soglia ritenuta accettabile [un problema che finora non si era posto, per lo meno al livello delle quote detenute da TotalErg], e considerando che oggi la quota di mercato più rilevante non è più di nessuna compagnia petrolifera – nemmeno della “compagnia di bandiera” -, più o meno integrata, ma si può considerare ora appannaggio del diffuso e frammentato arcipelago collettivo delle pompe bianche.

Un’ottica di vendita in blocco appare francamente complessa, non tanto perché si possa escludere a priori una possibile logica di macroconcentrazioni che assicurerebbero quote di mercato anche molto più significative delle attuali – anche se finora sono i processi di progressiva terziarizzazione che hanno dimostrato di diffondersi -, ma soprattutto perché esiste oggettivamente un problema di risorse da investire in una lunga congiuntura contrassegnata da marginalità declinanti e ridotte al lumicino. L’ottica di vendita «a spezzatino» ripropone comunque, se il problema è quello delle quote di mercato insufficienti, un modello di ulteriore frammentazione e precarietà di prospettiva per chi dovesse prendersi una «fetta» della rete messa in vendita.

Il problema vero è che la distribuzione carburanti è ormai un significativo caso di lose-lose situation [una definizione già scritta nero su bianco nel documento sulla Strategia Energetica Nazionale di alcuni anni fa], e che vicende come ESSO e TOTALERG evidenziano come l’imperativo corrente sia quello di rifilare il cerino del rischio mercato a terzi, tentando di realizzare il massimo ottenibile in termini di denari solvibili o di «scambi» equivalenti. Non sempre la fuga è senza danni per chi fugge [ad esempio, TOTAL ha fatto nel tempo sulla rete investimenti importanti], senza considerare quel che questi processi lasciano sul terreno. Chi rimane si deve destreggiare con sempre maggiore difficoltà – e non senza evidenti controsensi e contraccolpi – con il problema del doppio canale: controllare fin dove possibile le pressioni competitive nel canale extrarete dove esiste il più alto grado di pressione competitiva, perché non esiste più il monopolio perfetto, e gestire nel contempo, con un compulsivo controllo del prezzo, una problematica concorrenza interdipendente tra rete ed extrarete. Fino a quando quest’ultimo giocattolo può durare senza rompersi?

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