VICENDA ESSO: GIUSTO PER RIFLETTERE…

Mentre va avanti imperterrito il «modello grossista» (che potrebbe terminare, presumibilmente, con la terziarizzazione dell’intera rete?), esplode in tutto il territorio la questione ESSO, ricordiamo che esso ha avuto inizio ormai giusto sette anni fa, con i primi ottanta impianti nell’area Nord Est del Paese.

Così ne scrivevamo sette anni fa: «Non è irragionevole considerare che – vista l’area ad alta competizione individuata (ad altissimo indice di presenza di “pompe bianche”) ed il modello tratteggiato (sarà il soggetto terzo a decidere come affrontare il mercato e, pertanto, la politica dei prezzi al pubblico), che non è certo quello del classico “convenzionato” – i rischi di questa nuova operazione ESSO (che segue di pochi giorni quella con Autogrill per la gestione di altri ottanta punti vendita) sono quelli di sostituire/costituire una ulteriore quota di rete.

Allestita per divincolarsi dalla competizione, l’operazione presenta non solo il rischio di schierare altre munizioni per la guerra cruentissima dei prezzi, ma potenzialmente anche quello di tendere a  riprodurre fenomeni distorsivi come la concorrenza all’interno del medesimo marchio del tipo (fatte le specifiche distinzioni) ampiamente verificabile in ambito SHELL, tra Gestori in comodato ed impianti AICO. Insomma, con il rischio di avere ottanta “pompe bianche” in più, che pur bianche non sono per il vincolo conservativo del marchio.

Sarà che, come dice la società, si tratta di “un test per rimanere più saldi nel futuro” (o che in altri sette Paesi europei la ESSO abbia deciso di procedere con lo stesso indirizzo) e non già di una prova generale di disimpegno; per certo in una fase in cui, come dicono gli esperti, le aziende si “diverticalizzano”, sganciando parti del business, dismettendo investimenti, rimettendo a terzi alcune funzioni della filiera, nulla è neppur minimamente  scontato» (Figisc Anisa News N. 13 del 22 marzo 2010).

A progetto avviato, comunque ESSO è rimasta protagonista attiva e dinamica del mercato: fu il marchio che rispose «di brutto ed in grande» alla famosa iniziativa degli «scontoni» (o «sottocosto» di ben il doppio dei costi vivi della gestione caratteristica retail, che dir si voglia) di ENI nei week end estivi del 2012, con «Esso self più», con uno sconto di almeno 21 centesimi in self pre-pay, cui aderì un buon 59 % dei gestori del marchio, scivolati al 48 % dopo che l’azienda – un mese dopo l’avvio dell’avventura – chiese, si fa notare a differenza di quanto non fece ENI, agli aderenti una compartecipazione allo sconto che riduceva del 50 % il margine del gestore.

Il modello grossista continuando gradualmente a procedere, e manifestandosi le avvisaglie di quel che poi doveva diffondersi, nel 2014 le tre Organizzazioni di categoria nella prima decade di luglio (comunicazione del 9 Luglio 2014, Prot. n. 5453.11/2014) chiedevano ad ESSO chiarimenti, sottolineando che «Le preoccupazioni riguardano le garanzie circa la continuità delle condizioni contrattuali al momento in essere tra i singoli gestori e la Compagnia, sia in ordine alle tematiche squisitamente tecnico – gestionali che economiche e normative. Lo storico di settore del resto non autorizza ottimismi, deponendo semmai per una forte conflittualità tra gestori e operatori indipendenti, che nel tempo si sono segnalati come autori di “palesi violazioni delle normative vigenti».

Ma poco dopo (16 luglio 2014), la vicenda veniva accantonata perché si concludeva l’accordo aziendale, il primo per cui venne coniato il concetto «contratto di solidarietà» – in quanto «non apprezzante di certo come sarebbe stato necessario gli ulteriori oneri e criticità con cui anche i gestori a marchio ESSO sono stati costretti a misurarsi in questi anni» – per il quale vennero usati toni assai lusinghieri che di seguito si ritiene di citare testualmente:

«Concluso con ESSO il rinnovo dell’accordo collettivo per i gestori di rete ordinaria. Infranto il muro finora granitico del rifiuto a negoziare opposto da anni dai petrolieri.

É stato finalmente sottoscritto nella serata del 16 luglio, l’Accordo collettivo aziendale con la ESSO ITALIANA SRL, che detta le condizioni economico-normative che regolano la relazione tra l’azienda multinazionale storicamente considerata leader delle compagnie petrolifere «private» in Italia ed i gestori della rete ordinaria di marchio.

L’Accordo concluso con ESSO – si legge in nota congiunta diffusa dalle Organizzazioni di categoria FAIB, FEGICA e FIGISC – assume una importanza che ha una portata generale che va ben oltre il merito delle questioni direttamente trattate, pure particolarmente significative.

Prima di tutto – prosegue la nota – restituisce all’intero settore la dimostrazione tangibile che, anche in condizioni di mercato tanto difficili e degradate, è possibile giungere tra le parti ad una sintesi positiva e condivisa, rimanendo attentamente nell’alveo del solco tracciato dalla normativa speciale di settore ed in particolare del D. Lgs. 32/1998 e delle leggi 57/2001 e 27/2012.

Non appare per niente secondario evidenziare, a questo specifico proposito, che l’Accordo faccia, in premessa, esplicito richiamo proprio a tali riferimenti normativi e rescinda, in conclusione, tutte le intese eventualmente concluse individualmente con singoli gestori, sostituite dalle condizioni negoziate in sede collettiva.

Per altro verso, l’Intesa con ESSO attesta che è assolutamente possibile e compatibile con le attuali condizioni di mercato, ed a maggiore ragione in prospettiva, rispettare ed apprezzare il ruolo e l’attività svolta dal gestore sia sul piano economico che su quello professionale. Segno evidente che se c’è la volontà, con i gestori le intese si possono trovare.

Si è infranto in questo modo – conclude la nota congiunta – quel muro di intransigenza e di chiusura preconcetta e strumentale che, fino ad oggi, aveva di fatto caratterizzato il comportamento sostanzialmente dell’intera industria petrolifera. Un fatto, questo, che è auspicabile produca immediatamente il giusto spirito emulativo nelle altre aziende, necessario a restituire progressivamente quel grado di serenità e collaborazione nei rapporti all’interno del settore, unico capace di consentire di affrontare, riformare e risolvere le questioni strutturali nelle quali tutti i soggetti sono costretti attualmente ad agire

Il testo dell’accordo (anzi, come si usa scrivere in sindacalese, l’Accordo), che in ogni caso – a somiglianza di quanto si sarebbe replicato con ENI alcuni mesi dopo – rispondeva anzitutto ad una esigenza di politica commerciale dell’azienda (ma non solo e su ciò si ritornerà fra pochissimo), risultava esauriente di riferimenti alle norme di settore (ossia recava scritti i richiami al 32/1998, alla 57/2001, e financo alla 27/2012, senza i quali un accordo non è un Accordo), ancorché, per essere proprio pignoli, non recasse proprio nessun espresso richiamo, ad esempio, all’osservanza delle altrettanto famose  «eque condizioni». Infine, l’Accordo sarebbe scaduto il 31.12.2015.

Non serve aggiungere nulla sullo stato della situazione ai giorni nostri, nell’anno di grazia 2017, che è sotto gli occhi di tutti ed è ampiamente documentata anche, per la n volta, dalle notizie di questo stesso numero di Figisc Anisa News.

Ma perché abbiamo raccontato questa storia, già nota ed arcinota? Perché abbiamo alcuni dubbi, e la necessità di qualche riflessione.

Il dubbio é, grosso modo, questo: all’accordo del 2014 l’azienda si è acconciata davvero perché colta da un repentino ravvedimento sulla inutilità di continuare ad attestarsi dietro quel «muro finora granitico del rifiuto a negoziare opposto da anni dai petrolieri», o piuttosto perché smorzare toni ed attenzioni sulla conflittualità interna al settore con la sottoscrizione di un accordo (peraltro a breve scadenza) sarebbe stato assai più utile di un muro contro muro per portare al termine al meglio, anche economicamente, il percorso di terziarizzazione della sua rete che è andato avanti da allora, ed era, comunque, ben programmato da prima? Davvero convinta della opportunità di «rispettare ed apprezzare il ruolo e l’attività svolta dal gestore sia sul piano economico che su quello professionale» o piuttosto così cinica da cavarsela con un piccolo tributo di stima gratuita a quella specie di «inquilino», per usare una metafora, che si accingeva a vendere assieme alla «casa» in cui abita?

Sembrò allora, certo in buonissima fede, che questo accordo – che interveniva dopo alcuni anni di relazioni quasi azzerate con l’industria petrolifera, di dilagare della contrattazione individuale e di proliferare di soluzioni contrattuali a dir poco «anomale» (guardianìe, appalti di servizi, ecc.) – potesse significare il ripristino di una quadro di «normalità», che scrivere su un pezzo di carta, con la firma di tutti, compresa controparte, i rituali riferimenti alle tre norme di settore (32/1998, ecc. ecc.), potesse costituire una aspettativa di maggiore «garanzia» per accordi meno peggiori e per un ritorno a rapporti corretti, per premesse di «eque condizioni» possibili o di «centralità del gestore».

Ma un omaggio rituale alle leggi di settore non è garanzia di nulla: per dirla in maniera grossolana e forse anche politically uncorrect (o da ignorante, se si preferisce), perché v’è il rischio concreto e verificato che una qualunque controparte (qualunque, si ripete, comunque si chiami) accetti, con solo un piccolo pizzico di savoir faire e molta astuzia, di omaggiare con la sua firma le norme di settore, guadagnando credibilità e consenso, per poter fare poi quel che vuole ovvero che ha già ben deciso di fare  (disattendere, terziarizzare, vendere, ecc.).

Senza contare che norme vuote di deterrenza a violarle finiscono per diventare solo «feticci». E che distinguere tra le controparti tra chi non vuole nemmeno omaggiarli e chi li omaggia non significa che i secondi siano migliori dei primi. Per non parlare poi della «sostanza» delle cose più che della loro «formale apparenza»: il principio che giustifica il fatto di gestire una impresa, sia pure minima come quella del gestore, rimane pur sempre il ritorno economico e la sostenibilità dei costi. [G.M.]

Nota informativa
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