MEF: EVASIONE POMPE BIANCHE “QUADRUPLA” DI QUELLE COLORATE

Un dato che è “saltato fuori” nel contesto del dibattito in Senato sul decreto legge 79/2018 – che dispone il rinvio dell’obbligo di fattura elettronica per le cessioni di carburanti effettuate dagli impianti di distribuzione ai soggetti titolari di partita IVA dal 1° luglio 2018 al 1° gennaio 2019 – sarebbe che il tasso di evasione IVA sulle pompe bianche sarebbe superiore di quattro volte a quello delle pompe “colorate.

È quanto sta scritto, nero su bianco, su un “appunto” del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 luglio 2018.

Nell’analisi dei “costi del rinvio” dell’obbligo di e-fattura (costi derivanti da mancato gettito in corso di esercizio 2018), il Servizio Bilancio del Senato, infatti, faceva le pulci alla Relazione Tecnica al provvedimento: la Relazione, secondo i tecnici contabili del Senato “considera che il mancato recupero di gettito riconducibile all’evasione IVA da omessa dichiarazione sia pari a 22,1 mln di euro. Ai fini della stima considera che l’incidenza del gettito relativo agli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione rappresenti circa il 75% del totale; inoltre applica una percentuale dell’87,2% riferibile al rinvio dell’obbligatorietà della fatturazione elettronica calcolata tenendo conto della diversa propensione all’evasione da parte degli impianti di proprietà delle aziende petrolifere, dei distributori convenzionati con le aziende petrolifere e degli altri distributori stradali (pompe bianche e distributori indipendenti)”.

Dai rilievi del Servizio Bilancio del Senato, il predetto “appunto” del MEF si difende scrivendo testualmente sull’argomento: “Per quanto concerne l’evasione riferita agli impianti di distribuzione stradale di carburanti, la Relazione tecnica ha stimato un mancato recupero di gettito pari nel complesso all’87,2 % di quanto stimato nella Relazione tecnica originaria alla legge di Bilancio 2018. Tale ultima percentuale è calcolata come la somma di un tasso del 55 % relativo all’evasione delle pompe ‘bianche’ generiche e delle pompe indipendenti con logo personalizzato (su questo segmento è stato ipotizzato che il gettito sia integralmente non recuperato), e del 32,2 % relativo all’evasione delle pompe ‘colorate’ (ovvero di impianti convenzionati e di impianti di proprietà integrati verticalmente). Per queste ultime, si è assunto, un parziale recupero di gettito dell’ammontare dell’evasione IVA, pari al 28,5 % dell’ammontare evaso (la quota del 45 % rappresentata dalle pompe colorate): la misura del recupero è stata stimata pari a quella che si sarebbe ottenuta nelle condizioni vigenti prima dell’introduzione dello spesometro (32,2 % = 45 % – 28,5 % * 45 %). La ripartizione del tasso di evasione tra pompe bianche e pompe colorate è basata sull’assunzione che l’incidenza dell’evasione sulle pompe bianche sia pari a 4 volte quella delle pompe colorate, tenuto anche conto delle risultanze dei controlli effettuati dalla amministrazione finanziaria.

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Una suddivisione del mondo della distribuzione dei carburanti in “buoni” e “cattivi” che, sempre restando in tema, riecheggia un breve flash retroattivo: siamo nel mese di dicembre del 2016, ed UNIONE PETROLIFERA, stigmatizzando l’involuzione qualitativa e di efficienza della rete e l’illegalità strisciante, puntava il dito dritto su un mondo caratterizzato dal “proliferare di una categoria di punti vendita (che magari in precedenza erano convenzionati con le compagnie petrolifere)” ed alla cui chiusura o cancellazione “dovrebbe essere il mercato a portare, ma ciò non avviene anche per la diffusa illegalità che caratterizza il comparto”.

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A rincarare l’attenzione, non propriamente positiva, sugli operatori indipendenti, nella stessa data del 10 luglio, un’interrogazione del sen. Pierferdinando CASINI (atto Senato 4-00347) li collega in via diretta e senza giri di parole tanto alle “liberalizzazioni” quanto alla “illegalità organizzata”.

Scrive, infatti, letteralmente nel testo della predetta interrogazione: “la liberalizzazione del mercato della distribuzione dei carburanti ha aperto il settore a nuovi operatori, dalla grande distribuzione organizzata alle ‘pompe bianche. Ciò da un lato ha favorito una riduzione del prezzo finale del prodotto. Dall’altro, in assenza di adeguati controlli, ha lasciato il campo libero alla possibilità per numerosi nuovi operatori di rifornirsi da canali illegali, riuscendo così a offrire un prezzo basso del carburante grazie all’evasione di IVA e accise, che rappresentano una componente preponderante del prezzo finale. Sono numerose le inchieste che hanno individuato un legame tra questi operatori e gli operatori illegali: questi ultimi rendono disponibili, mediante il transito in depositi fiscali o l’uso di destinatari registrati, carburanti acquistati con operazioni fraudolente, successivamente rivenduti al consumatore finale a prezzi fuori mercato così da spiazzare gli operatori onesti”. 

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A proposito delle molte cose che si sono dette e si continueranno a dire sul tema legalità, fisco, e-fatture, ecc., nonché, forse, sulle relazioni che vi sono tra esse ed il mercato e la rete, spostiamo leggermente, ma non poi di molto, il tiro….

Su QUOTIDIANO ENERGIA del 13.07.2018, con il titolo «La fattura elettronica porterà a una “scrematura” della rete?» si può leggere quanto di seguito integralmente pubblichiamo:

Il ritardo di sei mesi decretato dal Governo sull’obbligo della fattura elettronica per i rifornimenti dei soggetti Iva porterà una perdita di gettito per l’erario di circa 57 milioni di euro. Questa la stima del servizio bilancio del Senato. La decisione ha offerto però una chance importante alle compagnie petrolifere. Una campagna di comunicazione di ENI, in onda in questi giorni, ricorda che la propria rete è fin da ora pronta per la fatturazione elettronica. L’acquisto può avvenire in qualunque modalità, ad ogni ora del giorno e della notte, utilizzando una app nel proprio smartphone: il consumatore riceverà sulla propria casella Pec la relativa fattura. Al di là delle campagne pubblicitarie, anche le altre compagnie si sono organizzate per tempo.

Tutto ciò porta ad alcune considerazioni.

L’erario avrebbe potuto non subire le perdite. Chi ha deciso di rispettare la data precedentemente fissata del 1° luglio, ha potuto farlo, senza trascurare tuttavia le difficoltà per le gestioni. Ma molto più importante è che ciò potrebbe offrire un’opportunità competitiva a chi si è già organizzato. I clienti professionali, grandi consumatori, potrebbero tornare a rivolgere lo sguardo verso gli impianti che offrono questo servizio, ‘sorvolando’ magari sul prezzo un po’ più alto che riscontrano. Questo permetterà a chi offre il servizio di avere una ‘fotografia’ digitale di tutti i fruitori con opportunità commerciali fino ad ora non praticabili. Ciò vuol dire aver colto appieno il vantaggio competitivo che esercitare la leadership di presenza capillare e di marchio offrono. Forse allora la fattura elettronica porterà con sé anche un ulteriore importante risultato: la tanto attesa ‘scrematura’ della rete. Sarebbe il classico due (e più) piccioni con una fava”.

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